Riflessioni sul compenso dovuto allo svolgimento delle attività di amministrazione di sostegno.
“L’agenzia delle Entrate nella risoluzione 2/12 ha ritenuto che l’indennità liquidata dal Giudice Tutelare ai sensi dell’art. 379 cod civ a favore dell’amministratore di sostegno che sia un professionista (in particolare un avvocato), anche se determinata in via equitativa e su base forfetaria, rappresenti, sotto il profilo della normativa tributaria, un compenso per lo svolgimento di una attività professionale, inquadrabile quale reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53 del testo unico delle imposte sui redditi e rilevante ai fini IVA ai sensi dell’art. 3 e 5 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633″
La risoluzione prende dunque le distanze dalla posizione assunta da alcuni giudici tutelari nei decorsi anni 2010 e 2011 i quali, anche sulla scorta di una interpretazione espressa dalla Corte Costituzionale nel 1988 in materia di tutela, e confortati da specifici interpelli, ossia risposte date dalle Agenzie delle Entrate di alcune città italiane, in specifici casi analoghi, liquidavano agli avvocati nominati amministratori di sostegno indennità “esenti da iva”, anzi, più radicalmente, “non imponibili”, determinando a loro volta un revirement rispetto alle liquidazioni che, secondo criteri equitativi e forfetari, mutuando gli indici di compenso dalle tariffe professionali proprie della categoria cui poteva inquadrarsi l’amministratore di sostegno (avvocati, commercialisti, geometri, notai, ecc), liquidavano una somma a titolo di indennità comunque soggetta a tassazione.
La risoluzione n. 1/12 dell’Agenzia delle Entrate , tuttavia, pare ben lungi dall’aver assicurato universale certezza e uniformità di interpretazione presso gli operatori del settore;
un recentissimo decreto del Giudice Tutelare di Trieste del 26 gennaio 2012 ha infatti ritenuto più corrispondente ai principi e coerente con la natura dell’indennità prevista dall’art. 379 cc, operare una distinzione nel decreto di liqudiazione, tra le attività per le quali liquidare un’equa indennità (non imponibile), da quelle, specificamente inquadrabili nell’ambito dell’attività professionale, per le quali liquidare un compenso (imponibile).
Le decisioni offrono comunque e da qualunque parte le si guardi, una serie di interrogativi:
– quid iuris ad esempio per le somme già liquidate dal giudice tutelare nel decorso biennio e per le quali l’ads professionista non abbia emesso alcuna fattura?
– come distinguere esattamente all’interno della complessa e variegata attività dell’ads le attività “indennizzabili” da quelle “di natura professionale”?
– perché “compensare” un ads come professionista secondo tariffa professionale se il beneficiario non lo ha scelto affatto, a volte lo ha subito, e certamente non può essere considerato un suo “cliente”?