L’art. 404 c.c. prevede, per la nomina di un amministratore di sostegno, la necessaria presenza di due requisiti: uno soggettivo, inerente alla sussistenza di un’infermità ovvero una menomazione fisica o psichica, uno oggettivo, rappresentato dall’impossibilità del soggetto affetto dalle patologie di cui sopra di provvedere ai propri interessi.
Esso sancisce infatti che: “La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio“.
Ci si è domandati, tuttavia, se il Giudice Tutelare, nonostante l’accertata sussistenza dei su citati requisiti, possa, in base alle circostanze del caso concreto, rigettare la richiesta di nomina di un a.d.s.
Il quesito nasce da un caso concreto.
Il suddetto caso si apre con la presentazione, da parte di un padre, del ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno a favore del figlio “affetto da una patologia psichiatrica tale da rendere necessaria la somministrazione di cure specifiche continuative”, nonché “di supporto, da parte di altre persone, per il compimento degli atti della propria esistenza”.
Il G.T. competente, esaminate le circostanze del caso concreto, tuttavia, rigetta il ricorso, non per mancanza dei presupposti richiesti per la nomina di un a.d.s., essendo stata infatti accertata la patologia e la necessità di assistenza, ma sulla base di due motivi: il primo, principale, consiste nel presupposto che “l’interessato potrebbe” comunque “godere di un’ampia rete di protezione operante a suo favore”, mentre il secondo consisterebbe nel fatto che “l’art. 404 c.c. non prevede alcun obbligo di nomina”.
Avendo proposto reclamo innanzi alla Corte d’Appello di Genova, il padre non ha ottenuto una risposta difforme. La Corte territoriale si è infatti fermata a confermare l’impostazione espressa dal Giudice Tutelare.
Non volendosi arrendere, il padre ha successivamente proposto ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, la quale, mediante l’ordinanza n. 13929/ 14, ha preso le distanze dalle precedenti pronunce riscontrandovi violazione di legge e contraddittorietà nella motivazione.
Si legge infatti che: “la previsione dell’art. 404 c.c. non esime il giudice dalla nomina di un amministratore di sostegno, in presenza di una situazione di incapacità.
È da ritenere che la discrezionalità rimessa al giudice attenga alla scelta della misura più idonea (amministrazione di sostegno, inabilitazione, interdizione).
In caso contrario, il soggetto incapace sarebbe privato anche di quella forma di protezione dei suoi interessi, meno invasiva, costituita appunto dall’amministrazione di sostegno”.
Nonostante, dunque, la sussistenza di una fitta rete di protezione a favore del ragazzo, il giudice tutelare, riscontrata la sussistenza del requisito soggettivo e di quello oggettivo, non potrà esimersi, ricevuto il ricorso, dal nominare un a.d.s.
Semmai, secondo la Suprema Corte, la scelta riguarderà la misura di protezione ritenuta più idonea.
Il limite di questa decisione è quello di implicare una sorta di necessario automatismo tra lo stato di incapacità e la misura di protezione giudizialmente adottata, e di svilire quelle forme di protezione “non giudiziali” offerte dalla famiglia , dai Servizi, dal Volontariato ossia da una rete di figure non istituzionali, sulle quali si regge in concreto la solidarietà familiare e sociale, con equilibrato contemperamento del carico di lavoro dei giudici tutelari, che, ove si adottassero misure diffuse e diversificate di protezione giudiziale, rischierebbe di diventare ingestibile.