Si dubita che l’interdizione possa essere preferita all’amministrazione di sostegno, come invece ritiene il Giudice Tutelare presso il Tribunale di Milano, nei casi in cui il soggetto abbia ripetutamente tentato il suicidio (v. Trib. Milano 27/8/2013)
Il Tribunale lombardo ha affermato che l’amministrazione di sostegno non sarebbe misura adeguata per un soggetto che ha ripetutamente tentato di togliersi la vita ed altrettanto ripetutamente è stato sottoposto a trattamenti sanitari obbligatori; il caso esaminato è quello di una ragazza che aveva raggiunto condizioni psichiche tanto gravi da essere pericolosa, oltreché per se stessa, anche per coloro che interagivano con lei.
Il Giudice di Milano – dopo un ampio richiamo della giurisprudenza in materia utile per evidenziare che l’introduzione dell’AdS non ha significato la soppressione degli altri istituti di protezione come l’interdizione e l’inabilitazione – ha ritenuto che l’amministrazione di sostegno non potesse essere considerata sufficiente in casi di tale gravità;
l’inidoneità dell’amministrazione di sostegno sarebbe motivata sia dall’attitudine del soggetto protetto a porre in discussione i risultati dell’attività di sostegno nei suoi confronti, sia dalla necessità di interrompere prontamente le tendenze suicidarie.
Tuttavia il provvedimento in esame non spiega affatto in quale modo l’interdizione dovrebbe risultare misura di protezione più adeguata dell’ads, né perché la totale privazione della capacità di agire, che l’interdizione ex lege comporta, potrebbe risultare idonea a tutelare una persona affetta da tali gravi patologie.
La lettura del provvedimento lascia trasparire piuttosto un senso di impotenza, procurato da una situazione di grande disagio personale e dall’inefficacia dei metodi sino allora adottati per risolverla:
ma occorre allora chiedersi se la difficoltà di affrontare in modo adeguato ed efficace problematiche complesse possa legittimamente indurre a rassegnarsi a invocare misure estreme e totalmente “invalidanti” in spregio ai principi costituzionali che impongono di rispettare, fino in fondo, la dignità della persona.