La nomina ad Amministratore di sostegno pone da subito molti dubbi e molte domande, apre questioni che solo parzialmente troveranno una risposta o una collocazione nel dipanarsi dell’attività.
La legge d’altronde non può offrire sempre le soluzioni e le risposte, potrà magari dare delle utili indicazioni.
L’impressione è quella di essere immersi in un universo che fa parte di un’altra persona e doverci muovere nel “campo di un altro” potrebbe sembrare un compito impossibile.
Non è sempre facile dover prendere delle decisioni, fare delle scelte, impostare la vita e pensare alla salute di un altra persona che a tutti gli effetti è una estranea. Tale tema è tanto più importante perché mai due situazioni possono essere simili e quello che un individuo considera salutare, per un altro potrebbe non esserlo, mentre potrebbe ritenere di vitale importanza altri aspetti della vita.
Il quadro si complica ancora di più se pensiamo che una persona in difficoltà potrebbe non sapere, non essere a piena consapevolezza, di quali possano essere le scelte volte al suo benessere. E se non lo sa lui noi abbiamo un compito ancora più delicato e importante.
Nel caso di una nomina per il sostegno a persone che abbiano difficoltà, uno dei primi passi da compiere è quello di contattare e conoscere la rete dei servizi che hanno sostenuto la persona fino a quel momento. Una rete alle volte fitta, alle volte più rada, fatta comunque di operatori, proposte, iniziative … alle volte andate a buon fine alle volte arenate per i motivi più disparati.
La persona avrà avuto una storia anche nell’ambito dei servizi, e questo ci può essere di aiuto per comprendere quella che invece solo lui ci potrà indicare come la sua storia.
La storia raccontata da una persona non è mai solo la sua versione dei fatti, quanto piuttosto una storia vissuta con degli elementi personali e soggettivi privati e unici che non sempre i servizi sono riusciti a cogliere.
Ci troveremo così in qualche maniera ad entrare in un punto indefinito del suo vissuto.
Risulterà estremamente importante per il benessere del beneficiario fare in modo che egli si possa reinserire in un contesto sociale ed alle volte questo passaggio può essere facilitato grazie all’aiuto di un educatore: persona che possa fungere da filtro cercando di far in modo di aiutare il beneficiario a superare le difficoltà personali che alla fine tendono ad isolarlo e creandogli un vuoto attorno.
Una figura di questo tipo molto spesso può essere decisiva per mobilitare e dare nuovo vigore alle capacità residue di una persona in difficoltà, altre volte è utile per inserirlo in una rete di relazioni.
Questo fatto, assolutamente non scontato, prevede una serie di passaggi, percorsi in salita ed alle volte stretti come in un sentiero.
È un fatto che un insieme di relazioni positive possano essere un buon propulsore per il benessere di un individuo. È altrettanto ovvio che l’essere umano vive di relazioni e che le relazioni costruttive sono un aiuto nella vita di ognuno di noi: un rapporto può dar un senso ai nostri lati talvolta nascosti, o alle nostre abilità, valorizzandole.
D’altro canto è altrettanto vero che le relazioni possono essere vissute come fonte di ansia e stress, dai quali ci si difende molto facilmente isolandosi ed innescando così un circolo vizioso che non può che involvere in ulteriori situazioni di degrado.
Una figura che faciliti questo processo può essere fondamentale, come altrettanto fondamentale è riuscire ad individuare un gruppo in cui possano essere valorizzate le relazioni e anche talune capacità o aspirazioni di una persona. Queste due caratteristiche sono fondamentali e basilari.
Valorizzare i rapporti tra gli individui fa sì che un soggetto non si senta solo, solo nelle sue difficoltà, solo coi suoi problemi, solo nelle sue miserie , solo in una vita che per quanto la si configuri al meglio, non coincide mai con le proprie aspettative.
Valorizzare, o stimolare abilità e capacità è indispensabile come iniziale collante del gruppo; dare un senso allo stare insieme fa sì che lo sviluppo delle abilità relazionali costituisca un tramite per uno scopo ulteriore da raggiungere: non si potrà appiattire sulla posizione dello stare insieme per lo stare insieme.
Inoltre scoprire delle abilità che non si pensava di avere, o rimettere in moto delle capacità che si pensava di aver dimenticato è un propulsore per trovare un posto nel proprio mondo. È importante riuscire a trovare dei gruppi non direttamente collegati ai servizi di appartenenza, questo fatto è il più importante affinché una persona possa mettersi in gioco.
Trovarsi in un gruppo nuovo, ma oltretutto trovarsi in un gruppo che non dipenda dal solito circuito dei servizi e che permetta ai beneficiari di non sentirsi sempre immersi nel solito ambiente, permette di evitare la componente dello stigma così dannosa poi per il proprio inserimento: permette di esperire cose nuove e rimettersi in gioco in maniera più profonda.
Proprio per questo molto spesso è così difficile trovare il luogo adatto, un luogo che possa offrire contemporaneamente degli elementi di novità, ma che possa essere anche di tutela, affinché non si viva l’effetto del salto nel vuoto.
L’educatore come facilitatore di questo processo talvolta è fondamentale.
Una esperienza di grande interesse la si può riassumere nel video “TramArt” allegato alla fine dell’articolo.
È importante notare però che tale video non è altro che la “ciliegina su una torta”: momento finale di un percorso molto lungo e molto ricco.
Questo percorso inizia presso l’HML, HeadMadeLab (http://www.2001agsoc.it/headmadelab.asp), un laboratorio creativo multimediale rivolto sia all’inclusione dei soggetti svantaggiati, sia alla partecipazione attiva dei cittadini; grazie all’utilizzo delle tecnologie multimediali (8 postazioni Mac), si realizzano prodotti grafici, video e contenuti Web.
In questo caso a partire da una grande passione per il Tram di Opicina, unitamente ad una conoscenza enciclopedica di tutto ciò che riguarda il Tram, da parte del Sig. Tonut, in arte Mr. Frank, si è riusciti a sviluppare un’idea che è poi diventata una interessante narrazione sul Tram arricchendosi di altri contributi ed idee.
Oltre a questo primo video “TramArt”, grazie all’aiuto del gruppo di lavoro dell’HML è stato possibile registrare delle interviste ad un autista del Tram ora in pensione, e ad un frenatore delle vecchie linee filobus cittadine: esperienze uniche su un mondo oramai quasi dimenticato, un mondo in cui il Tram aveva un importanza fondamentale all’interno dell’economia, della vita sociale e culturale di Trieste, e i frenatori rappresentavano degli ideali di eleganza con le loro giacche blu e le sciarpe bianche candide.
È stato elaborato un secondo video-montaggio visionario simulando l’arrivo del Tram sul Molo Audace, TramEst, oltre che un’affascinante presentazione di alcuni particolari del Tram, e cartoline stampate con visioni fantasiose del Tram.
Tutti questi materiali sono stati presentati poi in sede di convegni presso il teatrino di S.Giovanni dallo stesso Sig. Tonut.
Come sottolineato l’importante di questa operazione non è il video, ma tutto il lavoro e l’impegno che c’è stato dietro, impegno non visibile, non apprezzabile, non quantificabile, ma vitale per il benessere e per la salute di una persona che poi si ripercuote sull’intero gruppo di lavoro.
Il Sig.Tonut ha potuto scoprire e sviluppare delle competenze in campo informatico e offrire un valido spunto alla sua fervida immaginazione per quanto riguarda la sua grande passione per i Tram. Ha potuto dare uno sbocco alla sua creatività offrendo l’opportunità di esprimere in maniera simbolica e più elaborata i nodi le difficoltà della sua esistenza.
Questo è un modo per potersi esprimere; dove precedentemente c’era un silenzio che diventava magari azione, che lo esponeva a potenziali pericoli, comincia ad esistere un campo di elaborazione delle difficoltà, di costruzione delle richieste che fino poco tempo prima rischiavano di cadere quasi inascoltate.
È stato possibile per lui provare la sensazione di avere accanto qualcuno che lo può ascoltare e capire, iniziare un percorso nuovo un percorso che con i soliti termini tecnici potremmo dire riabilitativo o rieducativo ma che a ben vedere a ben sentire quello che lui racconta non è altro che un qualcosa che lo ha fatto stare meglio, e questo ha un valore intrinseco enorme.